Un pezzo di cielo
di Paola CASOLI
Se ne è rimasta immobile tutto il tempo, affascinata dall’azzurro del cielo dopo l’orlo bianco della tenda tesa sopra il palco. C’erano comandanti militari che parlavano di cose a lei incomprensibili come i cambiamenti epocali e lo sviluppo tecnologico. Tutti discorsi difficili da seguire per lei che era nata nel 1912. Avrebbe voluto volare per davvero, questo sì.
Le sarebbe piaciuto alzarsi ancora in volo come quella prima volta del suo battesimo dell’aria. Ma era una primavera lontana, quella del 1913. Ancora non esistevano i Tornado, non c’erano gli Eurofighter e la Pattuglia Acrobatica Nazionale.
E soprattutto l’Aeroporto di Cameri non aveva ancora cento anni.
Sentì tintinnare delle chiavi. Le sue chiavi stavano passando dalle mani del Presidente del Circolo del 53 a quelle del Comandante dell’Aeroporto di Cameri. Pensò di poter finalmente respirare di nuovo la vita e la brezza della linea di volo che luccicava davanti a lei, oltre la tenda e il palco.
“Potrebbe volare ancora, certo”, assicura il Maresciallo di prima classe del Circolo del 53 che ha seguito tutta la sua ricostruzione fedelissima all’originale, dai listelli in compensato di pino ai sessanta metri quadri di tela in puro lino. E la Gabarda – il Gabardini Monoplano costruito 97 anni fa nell’allora Aerodromo di Cameri come aeroplano scuola – capì d’un tratto che non avrebbe mai più annusato l’aria dei cieli di Cameri, né avrebbe più affrontato un decollo a sessanta chilometri orari spingendo al massimo il suo motore rotativo Gnome da 7 cilindri e 50 cavalli. Capì che il suo tempo era ormai finito ancor prima che il Tornado e lo Eurofighter sconquassassero i cuori degli spettatori del centenario con accelerazioni che insultano la forza di gravità.
La Gabarda rimase silenziosa, ormai estranea a tutto quello che le girava intorno. Spiegava le sue ali con i listelli in legno messi bene in vista, legati e stretti uno all’altro in un’architettura di centine tenute strette da nodi fatti a mano. Solo “nodi Savoia”, sottolinea ai visitatori il Maresciallo di prima classe Aniello Ciccarelli, solo nodi Savoia fatti a mano uno a uno per un aereo che non ha più i suoi disegni originali e che è stato ricostruito sulla base di quanto riportato dal letto di un ospedale da uno dei primi operai dell’epoca, che a quindici anni già lavorava al monoplano nelle officine dell’Aeroporto di Cameri.
Ho raccolto quelle spiegazioni – dice Ciccarelli – fino al più piccolo dettaglio e ho ricostruito la Gabarda sotto forma di modellino nell’occasione della nascita di uno dei miei nipoti: da lì ha avuto origine l’idea di riprodurre fedelmente il monoplano”. Circa quattro mesi di lavoro, di cui tre settimane solo per l’elica in legno costruita a mano la scorsa estate da un esperto 87enne, e sei/sette persone coinvolte nel progetto hanno permesso all’aeroporto di Cameri di festeggiare i suoi cent’anni con la presenza del monoplano che in fondo è stato la sua fortuna.
Cameri non ci sarebbe stato se la Gabarda non vi fosse stata costruita. E senza di lei nessun Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica avrebbe potuto definire quell’aeroporto “culla dell’aeronautica” lo scorso 4 ottobre 2009. Dietro al palco, lontano dall’azzurro del cielo, la Gabarda posò docilmente per qualche foto: con i suoi costruttori, con i Comandanti, con le Autorità. Finirà in un museo. Oh sì, questo lei lo sa già. Spera solo di non finire in fondo a un hangar sempre chiuso: “Che mi lascino almeno una finestra aperta e senza tende. Con un pezzo di cielo”.
Maggiori informazioni sulla Gabarda in Wikipedia: Gabardini_G.51