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Ricordi di volo – incivolo Flotta

Circolo del 53

Aeroporto di Cameri sede del 53° Stormo, il Gruppo di volo è il 21° Intercettori, nominativo “Tigre”, i velivoli F-104S Starfighter, “cacciatori di stelle”.

È il 7 maggio 1974, ancora notte, intorno alle 4 del mattino. Davanti al cancello dell’ingresso si stanno radunando un insolito numero di vetture da cui scendono persone dalle uniformi più svariate. Un Colonnello dell’Aeronautica USA (il suo nome è Dearborne, anziano e valoroso pilota di F-100) si avvicina al cancello e mostra al piantone accorso i propri documenti.

L’aviere li confronta con i fac-simile che ha in garitta, li riconosce e apre cancelli e sbarra. Trattasi di un team della NATO per le Valutazioni Tattiche.

Ogni reparto di volo, per essere assegnato alla NATO e pertanto utilizzabile in combattimento, deve essere considerato ovviamente affidabile. Per valutarne l’affidabilità, la NATO, ogni anno, invia in data non nota un team molto sostenuto (dai trenta ai cinquanta militari di diverse nazioni) presso il reparto da valutare ed i reparti direttamente collegati per il combattimento.

Viene simulato un periodo di guerra, i reparti e la loro area di pertinenza sono sottoposti ad attacchi esterni via aerea e tramite sabotatori; ogni aspetto, operativo, logistico ed amministrativo viene controllato e alla fine, dopo circa una settimana, viene redatto un sostanzioso documento che porta un voto e che analizza tutti i punti deboli.

Tale documento è normalmente la base per i Comandanti ai vari livelli per la preparazione alla valutazione successiva o, in altre parole, per perseguire e migliorare la prontezza operativa del reparto.

Il gruppo di valutatori sciama nella base, ognuno di loro sa dove andare. Quello che non sanno è che oggi saranno costretti a sospendere la valutazione.

Molti di loro conoscono già il reparto. Conoscono il 21° Gruppo anche come fama; è sempre stato un Gruppo, come peraltro tanti, particolarmente affezionato alla prima categoria. Ricordo un anno in cui, ancora in attesa degli hangar protetti di assegnazione NATO, non avremmo potuto prendere un buon punteggio nel campo della sopravvivenza delle forze. Per minimizzare la penalizzazione, presa in prestito una macchina movimento terra dalla vicina caserma dell’esercito, piloti e specialisti lavorando come bestie realizzavano la dispersione e protezione dei velivoli con pareti di sassi presi dal vicino Ticino, che poi ricoprivano con reti antigrandine realizzando una protezione self-made da manuale. Oppure quell’anno che, a seguito di osservazioni precedenti sull’attività di notte con luminosità troppo evidente, attrezzati tutti i crew chiefs con quegli occhialini di plastica con la lucina per leggere a letto, realizzavamo in aeroporto un buio così assoluto da mandare in confusione tutti i valutatori. Come conseguenza, prendemmo una nota per il buio troppo pericoloso per i movimenti dei velivoli.

Il Capo team si dirige in Sala Operativa di Stormo dove l’ufficiale di servizio, verificati i documenti, lo fa entrare.

Passano pochi secondi e la linea calda con il CRC e le telescriventi cominciano a ricevere un messaggio in codice.

Prima performance della giornata: l’Ufficiale alle Operazioni con il cronometro del Capo team sotto il naso deve decodificare; busta con chiavi e combinazioni, lucchetti ecc., mani che tremano, fronti che sudano ed infine, verificato il messaggio, sirena e attivazione della catena telefonica per il richiamo del personale.

C’è un tempo minimo per la “generazione delle forze”, così si chiama e consiste nel richiamare tutto il personale (contati all’ingresso uno ad uno), portare l’aeroporto in configurazione da combattimento, preparare il maggior numero di velivoli armati (giù le taniche, su i missili).

Tutti corrono, tutti devono sapere cosa devono fare.

Tra i piloti i primi ad arrivare sono ovviamente coloro che vivono in campo. Tra questi parleremo di uno in particolare perché fra tre ore non ci sarà più, sprofondato con il suo velivolo in una risaia. In questa stagione le risaie sono allagate, il riso è stato piantato e sta crescendo sott’acqua. Cameri è collocata al vertice nord orientale del sistema di risaie del Piemonte, un’area grandissima che prende acqua da un grande canale realizzato nell’ottocento, il canale Cavour; il terreno è in leggera pendenza ed il canale, di risaia in risaia, alimenta d’acqua tutto il territorio giù fino al Po. Una lattina di carburante vuotata a nord inquinerebbe il riso da lì fino all’ultima risaia a sud.

Volando nelle notti di luna in questa stagione sembra di essere sopra ad un’unica distesa di acqua, la chiamavamo scherzando il delta del Mekong.

Vi racconto questa storia perché la tragedia, purtroppo comune a tanti fratelli aviatori, ha dei risvolti incredibili.

Salvatore Flotta è il nome del nostro pilota, a casa lo chiamano Rino, noi Raino perché non si confondesse più come già fatto una volta, che alla chiamata “Rino!” del leader (in codice Nato ACP165 vuol dire che il blip del target sul radar si è diviso in due per la presenza di due velivoli target), rispondeva: “che c’è?”; è scapolo, di Crotone. Ha lasciato la mamma vedova e invalida ed il fratello ancora al liceo. Li aiuta come può con il proprio stipendio. Questa mattina ce l’ha ancora nella tasca superiore della tuta perché non ha ancora fatto in tempo a spedirlo.

È un buon pilota combat ready, riservato, ma sempre disponibile e generoso.

Salvatore è tra i primi ad arrivare al Gruppo perché appunto abita in campo, anti-g, casco, documenti, autenticazione C (sistema numerico a variazione oraria per autenticare i messaggi vocali) e, a bordo a prevolare il velivolo. Poi di nuovo in palazzina Gruppo per i briefings intelligence e meteo: nubi molto basse, buona visibilità, aeroporti alternati, bingo carburante (carburante minimo con cui presentarsi alla penetrazione per l’atterraggio che tiene conto degli aeroporti alternati).

Il velivolo, assieme ai primi, viene dato in prontezza; il tabellone della Sala Operativa di Stormo riporta il suo nome ed il velivolo 53-16 MM6709 pronti in 2 minuti. Passano i minuti, i velivoli diventano 9 tutti pronti in 2 minuti.

Rino ha un problema, deve andare in toilette e chiede quindi di essere scalato in prontezza; in Sala Operativa scalano velivolo e pilota al nono posto. Qualsiasi cosa succeda avrà tutto il tempo per partire.

Il Capo team, Col. Dearborne, vede il movimento e, come tutti gli alleati quando hanno a che fare con noi, sospetta. Sospetta che magari il velivolo dato per efficiente, magari non lo sia affatto e si cerchi di non farlo volare pur dandolo in prontezza per avere un buon risultato. Inserisce un’informazione intelligence di attacco alla base. I velivoli, pur dispersi non sono protetti, il Capo Ufficio Operazioni ordina lo scramble di tutti i velivoli per sopravvivenza.

Rino viene chiamato; il suo velivolo è in area gruppo ma non in rampa di lancio, deve correre e arriva a bordo con il cuore in gola per l’adrenalina e per la corsa.

A bordo, ormai ultimo a decollare, mette in moto e rulla veloce verso la pista.

Il 104 è dotato di una piattaforma inerziale che si allinea in una ventina di minuti, permette una navigazione in modo autonomo ma anche stabilizza l’orizzonte artificiale ed il radar.

L’intercettore, dovendo decollare in pochi minuti rinuncia all’allineamento completo per la navigazione, ma utilizza l’allineamento “rapido” che permette di ottenere orizzonte e radar stabilizzati in 90 secondi. Piattaforma su “Align” prima della messa in moto, su “Nav” dopo 90 secondi al momento in cui i crew chiefs tolgono le spine dei missili prima di entrare in pista.

Rino, probabilmente, nella fretta di entrare in pista ha dimenticato di passare su “Nav”. In questo caso l’orizzonte non presenta nessuna segnalazione di inefficienza ed è soltanto una sfera che si muove secondo le accelerazioni né più né meno come i sensori del nostro apparato dell’equilibrio. Un 104 in decollo di accelerazione ne ha tanta.

Il velivolo stacca ed accelera. Entra quasi subito nelle nubi. L’orizzonte segnala una situazione eccessivamente cabrata perché è libero e segue le accelerazioni e Rino spinge la cloche in avanti per portarlo a quello che lui pensa sia il rateo di salita regolare.

Pochi secondi e il velivolo è in picchiata con postbruciatore inserito e quando esce dalle nubi non c’è più niente da fare: il velivolo si infila con le sue 14 tonnellate di ferro e di carburante a velocità supersonica in una risaia.

Lo scenario che ci si aspetta a questo punto sarebbe ferro e fuoco in tutta l’area, con carburante e lubrificanti vari che scendono per tutto il Piemonte ad inquinare le piantagioni in una immensa nube di fumo nero. Niente di tutto questo. Il velivolo si infila diversi metri sotto terra, avviene una implosione anaerobica, il risultato è una nube bianca che esce dall’acqua portando a galla pochissimi frantumi. Nessun inquinamento, nessun danno esterno e, fra i frammenti, galleggia lo stipendio in perfette condizioni.

L’ultimo regalo di Rino alla sua mamma.

Paolo Ceccarelli

Cockpit F-104 (al centro si vede l’orizzonte artificiale)

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